Quando la realtà supera la finzione
Vi presento Nab
Nab è indiano, ha ventisette anni e vive coi suoi genitori. Non l'avevo mai visto prima della cerimonia di Sabato, durante la quale era al fianco dello sposo in veste di testimone. La fortuna ha voluto che per cena fosse stato assegnato al mio stesso tavolo. Quando gli ho chiesto se fosse venuto da solo, ha risposto che frequenta una ragazza, ma non l'aveva invitata al matrimonio perché non ha intenzione di rendere pubblica la loro relazione per altri due anni e mezzo, tempo durante il quale Nab ha in programma di risparmiare sufficienti fondi per sposarsi in grande e condurre una vita da nababbo (il nome Nab non poteva essere più azzeccato). Per raggiungere il suo obiettivo ha frequentato un corso di studi con un nome lunghissimo e difficilissimo del tipo 'Business bancari internazionali e futuristici per far soldi in fretta' e mentre lo diceva il suo atteggiamento sprizzava autostima e autocompiacimento.
Purtroppo il suo aspetto fisico non combaciava con la personalità: alto come me (164cm), mingherlino, senza un muscolo sotto il completo elegante. I capelli neri radi, gli occhiali a fondo di bottiglia, e per coronare il tutto, i due incisivi superiori sovrapposti che lo facevano assomigliare a un castoro talpa.
Se già mi formicolava l'idea di trasformarlo in un personaggio del mio romanzo, il colpo di grazia è arrivato quando i camerieri hanno iniziato a servire le pietanze e Nab ha ripulito tutti i piatti fino a farli splendere. Sembrava di stare nella pubblicità del detergente per lavastoviglie. Al tavolo eravamo in sei. Tutto ciò che non finivamo noi, lo aspirava lui, per poi mostrare fiero la perfetta nitidezza della ceramica. (Per fortuna non era un matrimonio italiano, altrimenti sarebbe finito all'ospedale per una lavanda gastrica alla decima portata).
Dopo un paio di bottiglie di vino Nab ha iniziato a sorridere beato. Approfittando della situazione, mi sono appropinquata al suo fianco e, armata della mia proverbiale delicatezza, ho intavolato il seguente dialogo:
Io: «ma sei scemo?»
Nab: «non si può buttare via il cibo»
Io: «e se non hai più fame?»
Nab: «mi sforzo»
Io: «e se non ti va quel che ti danno?»
Nab: «mi sforzo, anche se dovessi mangiare samosa e butter chicken a colazione»
Io: «e se ti viene da vomitare?»
Nab: «mi sforzo di non vomitare»
Io: «e se vomiti?»
Nab: «ricomincio».
Grazie Nab, e benvenuto nel club dei personaggi memorabili. In qualche modo ti inserirò nella trama del mio romanzo, e ho un vago sentore che ti farò fare la figura del coglione.
In un bel romanzo anche i personaggi secondari sono memorabili
In questi giorni sto leggendo Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve di Jonas Jonasson. Una volta finita la lettura ne scriverò una recensione accurata, per ora dirò solo che il testo è stipato di accurati fatti storici e riferimenti a personaggi realmente esistiti. Credo che l'intenzione dell'autore fosse quella di scrivere una storia sulla falsariga di Forrest Gump, raccontando, tramite un personaggio affascinante e peculiare, gli eventi di un'intera epoca storica. Tutti i personaggi inventati da Jonasson, anche quelli secondari, anche quelli che a malapena si intravedono nel corso della storia, hanno storie incredibili, esilaranti, assurde, e le raccontano a pezzi e bocconi nel corso di una trama già di per sé piuttosto intrigante. Nonostante ciò, la storia non mi ha conquistato e se potessi lascerei la lettura a metà per passare a qualcosa che mi 'prenda' di più. (Per colpa delle mie tendenze ossessivo-compulsive, non posso non finire un libro, a meno che sia veramente categoricamente irrecuperabilmente orrendo).
Perché un libro con tutti gli ingredienti giusti non funziona?
Una parte della risposta l'ho trovata grazie a Michele nel suo post sulle 8 regole di Kurt Vonnegut:
'Dai al lettore almeno un personaggio nel quale possa identificarsi'.
Nessuno dei personaggi memorabili che interagiscono nel libro di Jonasson mi ha toccato il cuore. Le loro peripezie sono distanti, non le sento mie, rimangono un freddo resoconto di fatti.
Ho pensato ad altri film e romanzi che mi hanno appassionato e mi sono chiesta: perché mi sono identificata in questi personaggi? Potrebbe essere una questione di età, sesso o somiglianza di stile di vita?
- Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte è raccontato da un bambino dalla mente originale e dai comportamenti idiosincratici, non parla di nulla che mi riguardi da vicino, eppure a pagina uno sono saltata a piedi pari nella storia.
- Lo stesso mi è successo con il seguente romanzo di Mark Haddon, Una cosa da nulla, il cui protagonista è un anziano che affronta una malattia degenerativa, tema che grazie al cielo al momento non mi tocca da vicino.
Allora qual è il segreto per conquistare i lettori? Tirando le somme, mi pare di capire che:
# creare personaggi memorabili è un fattore necessario ma non sufficiente per il successo di un romanzo
# memorabile non equivale ad amabile
# l'identificarsi del lettore con un personaggio non sempre ha a che fare con le somiglianze tra i due
L'angolo del follower
E qui passo la palla a voi, che ne sapete più di me e che sicuramente avrete tante belle idee interessanti da contribuire alla discussione. Quali sono i personaggi che non scorderete mai? Come si crea un personaggio memorabile? Che cosa fa sì che ci indentifichiamo con un personaggio?Buone parole a tutti!
Uno dei personaggi che non dimenticherò mai l'hai già citato tu: il tenente Dan. Ma anche la medium interpretata da Whopi Goldberg in Ghost rientra nel gruppo.
RispondiEliminaIn letteratura, mi sono affezionata molto al capitano Lanzafame di "La ragazza che toccava il cielo" (romanzo storico bellissimo: quando l'ho finito ero dispiaciuta! Questo è un romanzo letto di recente, circa un anno fa. Ma se mi metto a scavare posso trovarne moltissimi.
A rendere memorabile un personaggio non è tanto chi è, cosa fa, come si comporta, quale musica ascolti. Sono le sue emozioni, a renderlo vivo. Sono quei moti dell'anima che lo attraversano, rendendolo simile a molti altri esseri umani. Quando l'autore è in grado di rappresentare alla perfezione il mondo emotivo del personaggio, il lettore lo rende proprio.
Mitica Whopi Goldberg! Quante volte ho visto quel film?!
EliminaMi segno "La ragazza che toccava il cielo", il titolo mi attira molto.
I moti dell'anima che attraversano il personaggio lo rendono vivo: sono d'accordo, ora devo solo scoprire come fare a rappresentarli alla perfezione :)
Anche io concordo con Chiara: è "l'interno" dei personaggi che fa la differenza. Tutto il resto è solo scenografia e fondale, e questo secondo me è il motivo per cui i personaggi archetipici hanno sempre tanto successo: c'è sempre un po' del lettore in ognuno di questi.
RispondiEliminaE grazie per la citazione :)
Nel mio romanzo sto cercando di evitare i personaggi archetipici ma forse è uno sbaglio, perché non stancano mai. Grazie, è un buon spunto di riflessione!
EliminaCome fai a sapere se un personaggio emozionerà il lettore? Se un lettore potrà identificarsi in qualcuno dei tuoi personaggi?
RispondiEliminaI lettori sono vari, ognuno diverso dall'altro. Magari quel romanzo di cui non t'hanno colpito i personaggi ha avuto esito opposto in altri lettori.
Io non scorderò mai Morten Falck ne "Il fiordo dell'eternità" di Kim Leine. E Lester Ballard, il Figlio di Dio di McCarthy.
Ovviamente non ho mai sentito nominare Morten Falck né Lester Ballard ;)
Eliminase il libro che non mi sta piacendo ha fatto successo di certo il suo personaggio principale, l'uomo centenario appunto, sarà piaciuto a molti. Ci sono alcuni personaggi però che piacciono a tutti, indipendentemente dai loro gusti. Forrest Gump mi pare un buon esempio di questo categoria. Cosa lo rende così irresistibile?
Individuare i propri narratari aiuta a creare personaggi memorabili per loro! Il corso aiuta e pure parecchio. Bellissimo post, pieno di spunti. Anche a me il secondo di Mark Haddon era piaciuto tanto, ma non ha avuto molto successo. Ciao Nab, sei uno sfigato.
RispondiEliminabacione Sandra Ragione e pentimento
Ah questi narratari di cui non conoscevo l'esistenza fino a poche settimane fa e che continuo a dimenticarmi di considerare mentre scrivo! Grazie di avermelo ricordato!
EliminaCreare un personaggio memorabile, anche se non è il protagonista, secondo me è già fare metà del lavoro. Mi è capitato di arrivare in fondo a libri dalla trama mediocre per amore di un personaggio, meno di rimanere incollata alla pagine di trame ben ordite che riguardavano però personaggi di cui non mi importava la sorte. In parte, però, è una forma mentis. Ci sono lettori e autori più attenti ai personaggi e autori e lettori più legati alla trama.
RispondiEliminaIl problema vero, però è crearli i personaggi memorabili!
Una volta ho sentito dire che per essere tali devono essere riassumibili in pochi tratti distintivi che spesso sono conflittuali, ma non so se sia una ricetta facilmente riproducibile...
Tenar
Di sicuro sono un lettore più attento ai personaggi che alla trama. La ricetta mi pare ottima, me la terrò a mente, grazie!
EliminaSecondo me il cocktail vincente è X + fascino. Come X può esserci simpatia, empatia, ammirazione, comprensione; ma se non c'è anche il fascino è dura che il personaggio resti attaccato a chi legge. Ma con fascino intendo qualcosa di profondo, quindi do ragione a Chiara e Michele, è "l'interno" che conta. L'ultimo personaggio che ho molto apprezzato è Kaladin, di "La via dei re". Se non l'hai letto E ti piace il fantasy E non ti smonta un tomo da 1200 pagine, te lo consiglio. (No, che non ti smonta! Anche l'autobiografia di Mandela è tosto. Lo sto leggendo ora.)
RispondiEliminaNon conosco "La via dei re", grazie per la dritta. Non mi smonta un tomo da 1200 pagine, a meno che si tratti di "Shantaram", che non sono riuscita a leggere perché il personaggio principale, che racconta la sua storia, è talmente pieno di sé da risultare insopportabile! Il quel caso il fascino è tutto nella sua testa, ma di sicuro non ha fatto colpo su di me!
Elimina"Memorabile non equivale ad amabile". Vero, pensa solo al protagonista di Lolita, che è sostanzialmente un pedofilo.
RispondiEliminaSecondo me, se uno parte con l'idea di creare un personaggio memorabile, ha fallito in partenza (è come quelli che partono con l'idea di scrivere un best-seller).
Credo che ci identifichiamo in un personaggio e amiamo un personaggio quando cominciamo a fare il tifo per lui.
Bravo Marco, hai fatto l'esempio perfetto, io Lolita l'ho cominciato tre volte ma non riesco a leggerlo perché non sopporto il narratore. Sono convinta che se riuscissi a portare avanti la lettura mi appassionerei alla storia ma l'impatto iniziale mi depista e, come dici tu, non riesco a fare il tifo per lui. Ora però la domanda è: come faccio a far sì che il lettore faccia il tifo per il mio eroe? Ci penserò e magari ci scriverò un post. Grazie per l'aiuto! :)
RispondiEliminaLa risposta è banale, anche se non è banale il realizzarla: mettere il personaggio, che si sente sconfitto dalla vita, di fronte a delle avversità, a persone che cercano di ostacolarlo e vedere come se la cava.
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