16.11.14

Il destino del Grizzly - di Lisa Agosti



«Ti ho mai raccontato del mio incontro col Grizzly?» chiese il Frenchy nel suo inglese rotto, con quell'accento che mi suscitava un misto di sensualità e fastidio. Parlava senza distogliere lo sguardo dal mare: «Stavo scendendo dall'Akamina Peak, sulle montagne canadesi. Vedevo già i tetti del paesino a valle».

Il riflesso accecante lo costringeva a tenere gli occhi semichiusi, ma non possedeva occhiali da sole, così come non indossava scarpe. I lunghi capelli, schiariti dall'arsura, erano intrigati, con fili appiccicati alla fronte e al collo.

«Correvo e guardavo solo dove mettevo i piedi.»

Aveva molti nei sulle braccia e sul petto, mi ricordavano una costellazione complicata, mi suggerivano abbracci tra le onde sotto un cielo bucato di stelle.

«Quando è successo chiesi, allungandogli una Bohemia. Lo chiesi, anche se lo sapevo già, avrei potuto raccontarla io quella storia. Conoscevo i minimi dettagli di quel giorno, era uno dei suoi racconti di viaggio preferiti per i momenti di calura pomeridiana come questo, ma anche per le ore piccole, quando l'alcool perdeva la sua presa e la stanchezza lo attanagliava ma lui non voleva arrendersi alla brutalità del sonno. Era una di quelle persone che soffrono la vita ma non possono sopportare di sprecarne anche solo un minuto.

«Era il cinque Giugno di due anni fa, mamita, il giorno del mio ventunesimo compleanno». Il ricordo gli rubò un sorriso ad un lato della bocca, come un anziano che ripensa alle goliardate dei sedici anni e si stupisce di trarne ancora piacere. Era già vecchio, il Frenchy, nonostante quel viso da angelo monello e il corpo pulsante di chi passa tante ore sott'acqua. Asciugavo i bicchieri già asciutti e mi gustavo quel corpo dorato, le spalle magre ma dure, avrei voluto morderlo. Eppure non lo desideravo come compagno, la differenza d'età lo rendeva ai miei occhi un ragazzetto inesperto, nonostante lo vedessi spesso scomparire nella notte con qualche bella turista dagli occhi a cuore. Svuotata la foga dell'amore però, lui tornava sempre, per finire la notte con me, voleva che lo addormentassi sussurrando le nenie messicane che già avevo cantato ai miei figli. Spingeva la faccia nei miei riccioli crespi, a volte piangeva. Mi diceva che a otto anni gli si era rotta la vita, mi guardava come se io potessi dirgli perché.

«Avevo festeggiato tutta la notte, correvo per sudare via la sbornia e la marijuana. Il sentiero svoltò e me lo trovai di fronte. Le mie gambe si fermarono così di colpo che quasi gli caddi addosso. Eravamo lì, soli, il Grizzly ed io, talmente vicini che ne vedevo gli artigli incrostati di terra.»

Si era raddrizzato sullo sgabello, appoggiando i gomiti sul bancone di legno e tenendosi le tempie. Gli sorrisi, aspettando zitta, non gli piaceva essere interrotto. Gli dava fastidio perfino se arrivava qualche gringo a ordinare un'amaca o un mezcal.

«Iniziai a indietreggiare lentamente con lo sguardo a terra, come avevo sentito dire al bar, dove ogni sera si raccontava la leggenda del terribile orso Grizzly, e dello storpio scimunito che gli era sopravvissuto ma non era più tornato in sé. Ogni giorno in paese giungevano turisti da ogni parte, con i loro obiettivi telescopici e il sogno di spiare l'elusiva bestia, mentre io invece me ne stavo lì a contargli i peli nel naso.»

«E poi cosa accadde?» chiesi come da copione.

«E poi mi uccise.»

Alzai un sopracciglio. Il Frenchy scosse la testa, incredulo, fissando quello sguardo da condannato sulla mia bocca ignorante di chi vive nell'illusione del lieto fine.

«Non avrebbe voluto, mamita. Si capiva che avrebbe preferito girarsi e andarsene. Ma non poteva. Sarebbero venuti altri, e tanti, e coi fucili. Ognuno ha il suo destino, mamita. Pure il Grizzly.» 

Il pensiero sembrava rattristarlo. Si girò verso la spiaggia, dove i miei figli nudi si stavano rincorrendo ridendo. C'è chi traduce i sogni in realtà. Lui traduceva la realtà in sogni.

11 commenti:

  1. Ma che bella! Complimenti, davvero!

    RispondiElimina
  2. Bello, bello!!!
    Mi ha catturata fino alla fine, volevo allontanarmi e smettere per un impegno, ma mi è stato impossibile!
    Complimenti il modo di raccontare tiene il naso incollato al racconto! Complimenti ancora!:D

    RispondiElimina
  3. Bel racconto! Grazie di averlo condiviso

    RispondiElimina
  4. Bello! Bella la descrizione di questo personaggio tormentato :) Brava!

    RispondiElimina
  5. Brava!!bellissimo racconto!!

    RispondiElimina
  6. Ha una bella magia il tuo racconto! Grazie della condivisione. :)

    RispondiElimina
  7. Bello, complimenti Lisa. :)

    RispondiElimina
  8. grazie mille a tutti... siete troppo gentili, dovreste criticarmi per aiutarmi a imparare... però i complimenti me li tengo stretti :) :)

    RispondiElimina
  9. ho letto questo racconto qualche giorno fa ma mi sono detto che meritava un po' più di attenzione. Volevo riuscire a vedere il Frenchy nella mia testa, volevo essere lì con lui per ascoltare la sua storia. E tu mi ci hai portato. È scritto bene, inteso. Se insisti comunque ti ci trovo un difetto:non gli avrei fatto dire "l'elusiva bestia", mi sembra un'espressione troppo ricercata.
    Detto questo, complimenti! :)

    RispondiElimina
  10. Grazie Nero, mi emoziona sapere che un mio raccontino è stato preso tanto sul serio. Sei stato gentile e il difetto che hai trovato è giustissimo, in italiano nessuno direbbe "l'elusiva bestia". Il Frenchy in questo contesto parla in inglese, e in inglese il termine "elusive" si usa molto, specialmente riferito agli animali selvaggi. Faccio spesso di questi errori anche nel parlato, sarà sempre un mio punto debole.
    Stai scrivendo qualche nuova storiella sul tuo dolcissimo cane nasone pelosone?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ne ho un paio in testa in effetti XD ammetto che le tengo di scorta per non lasciare troppo il blog deserto. (Sta avendo più successo di me, mi toccherà pagarle i diritti. In crocchette, ovviamente)

      Elimina