«Ti
ho mai raccontato del mio incontro col Grizzly?»
chiese il Frenchy
nel suo inglese rotto, con quell'accento che mi suscitava un misto di
sensualità e fastidio. Parlava senza distogliere lo sguardo dal mare: «Stavo
scendendo dall'Akamina
Peak,
sulle montagne canadesi. Vedevo
già i tetti del paesino a valle».
Il
riflesso accecante lo costringeva a tenere gli occhi semichiusi, ma
non possedeva occhiali da sole, così come non indossava scarpe. I
lunghi capelli, schiariti dall'arsura, erano intrigati, con fili
appiccicati alla fronte e al collo.
«Correvo
e guardavo solo dove mettevo i piedi.»
Aveva
molti nei sulle braccia e sul petto, mi ricordavano una costellazione
complicata, mi suggerivano abbracci tra le onde sotto un cielo bucato
di stelle.
«Quando
è successo?»
chiesi, allungandogli una Bohemia.
Lo chiesi, anche se lo sapevo già, avrei potuto raccontarla io
quella storia. Conoscevo i minimi dettagli di quel giorno, era uno
dei suoi racconti di viaggio preferiti per i momenti di calura
pomeridiana come questo, ma anche per le ore piccole, quando l'alcool
perdeva la sua presa e la stanchezza lo attanagliava ma lui non
voleva arrendersi alla brutalità del sonno. Era una di quelle
persone che soffrono la vita ma non possono sopportare di sprecarne
anche solo un minuto.
«Era
il cinque Giugno di due anni fa, mamita,
il giorno del mio ventunesimo compleanno».
Il
ricordo gli rubò un sorriso ad un lato della bocca, come un anziano
che ripensa alle goliardate dei sedici anni e si stupisce di trarne
ancora piacere. Era già vecchio, il Frenchy,
nonostante quel viso da angelo monello e il corpo pulsante di chi
passa tante ore sott'acqua. Asciugavo i bicchieri già asciutti e mi
gustavo quel corpo dorato, le spalle magre ma dure, avrei voluto
morderlo. Eppure non lo desideravo come compagno, la differenza d'età
lo rendeva ai miei occhi un ragazzetto inesperto, nonostante lo
vedessi spesso scomparire nella notte con qualche bella turista dagli
occhi a cuore. Svuotata la foga dell'amore però, lui tornava sempre,
per finire la notte con me, voleva che lo addormentassi sussurrando
le nenie messicane che già avevo cantato ai miei figli. Spingeva la
faccia nei miei riccioli crespi, a volte piangeva. Mi diceva che a
otto anni gli si era rotta la vita, mi guardava come se io potessi
dirgli perché.
«Avevo
festeggiato tutta la notte, correvo per sudare via la sbornia e la
marijuana. Il sentiero svoltò e me lo trovai di fronte. Le mie gambe
si fermarono così di colpo che quasi gli caddi addosso. Eravamo lì,
soli, il Grizzly
ed io, talmente vicini che ne vedevo gli artigli incrostati di
terra.»
Si
era raddrizzato sullo sgabello, appoggiando i gomiti sul bancone di
legno e tenendosi le tempie. Gli sorrisi, aspettando zitta, non gli
piaceva essere interrotto. Gli dava fastidio perfino se arrivava
qualche gringo
a ordinare un'amaca o un mezcal.
«Iniziai
a indietreggiare lentamente con lo sguardo a terra, come avevo
sentito dire al bar, dove ogni sera si raccontava la leggenda del
terribile orso Grizzly, e dello storpio scimunito che gli era
sopravvissuto ma non era più tornato in sé. Ogni giorno in paese
giungevano turisti da ogni parte, con i loro obiettivi telescopici e
il sogno di spiare l'elusiva bestia, mentre io invece me ne stavo lì
a contargli i peli nel naso.»
«E
poi cosa accadde?»
chiesi come da copione.
«E
poi mi uccise.»
Alzai
un sopracciglio. Il Frenchy
scosse la testa, incredulo, fissando quello sguardo da condannato
sulla mia bocca ignorante di chi vive nell'illusione del lieto fine.
«Non
avrebbe voluto, mamita.
Si capiva che avrebbe preferito girarsi e andarsene. Ma non poteva.
Sarebbero venuti altri, e tanti, e coi fucili. Ognuno ha il suo
destino, mamita.
Pure il Grizzly.»
Il
pensiero sembrava rattristarlo. Si girò verso la spiaggia, dove i
miei figli nudi si stavano rincorrendo ridendo. C'è chi traduce i
sogni in realtà. Lui traduceva la realtà in sogni.
Ma che bella! Complimenti, davvero!
RispondiEliminaBello, bello!!!
RispondiEliminaMi ha catturata fino alla fine, volevo allontanarmi e smettere per un impegno, ma mi è stato impossibile!
Complimenti il modo di raccontare tiene il naso incollato al racconto! Complimenti ancora!:D
Bel racconto! Grazie di averlo condiviso
RispondiEliminaBello! Bella la descrizione di questo personaggio tormentato :) Brava!
RispondiEliminaBrava!!bellissimo racconto!!
RispondiEliminaHa una bella magia il tuo racconto! Grazie della condivisione. :)
RispondiEliminaBello, complimenti Lisa. :)
RispondiEliminagrazie mille a tutti... siete troppo gentili, dovreste criticarmi per aiutarmi a imparare... però i complimenti me li tengo stretti :) :)
RispondiEliminaho letto questo racconto qualche giorno fa ma mi sono detto che meritava un po' più di attenzione. Volevo riuscire a vedere il Frenchy nella mia testa, volevo essere lì con lui per ascoltare la sua storia. E tu mi ci hai portato. È scritto bene, inteso. Se insisti comunque ti ci trovo un difetto:non gli avrei fatto dire "l'elusiva bestia", mi sembra un'espressione troppo ricercata.
RispondiEliminaDetto questo, complimenti! :)
Grazie Nero, mi emoziona sapere che un mio raccontino è stato preso tanto sul serio. Sei stato gentile e il difetto che hai trovato è giustissimo, in italiano nessuno direbbe "l'elusiva bestia". Il Frenchy in questo contesto parla in inglese, e in inglese il termine "elusive" si usa molto, specialmente riferito agli animali selvaggi. Faccio spesso di questi errori anche nel parlato, sarà sempre un mio punto debole.
RispondiEliminaStai scrivendo qualche nuova storiella sul tuo dolcissimo cane nasone pelosone?
Ne ho un paio in testa in effetti XD ammetto che le tengo di scorta per non lasciare troppo il blog deserto. (Sta avendo più successo di me, mi toccherà pagarle i diritti. In crocchette, ovviamente)
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